“A passo d’uomo”, film di trekking

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A passo d’uomo”, film di trekking, racconta la vicenda di un affermato scrittore, convalescente dopo un grave incidente, il quale decide di attraversare la Francia a piedi. Sarà un viaggio nella natura ma anche interiore, alla scoperta di sé.

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"A passo d'uomo", film di trekking

La trama

Pierre è un affermato scrittore, che ama divertirsi concedendosi qualche eccesso sia col tabacco che con l’alcool, l’abuso del quale gli causa una rovinosa caduta. Le gravi lesioni subite potrebbero condurlo alla disabilità, ma poiché Pierre è appassionato di outdoor, praticando anche l’alpinismo, si ripromette di attraversare la Francia a piedi affrettando la sua riabilitazione, nonostante il parere contrario dei medici e la necessità di assumere regolarmente farmaci.

Il nostro protagonista, dunque, si determina ad intraprendere un percorso in diagonale di circa 1.300 chilometri da Mercantour, nel Sud Est nella Francia, fino a Cotentin, nel Nord Ovest, attraversando il Massif Centrale percorrendo solo piccoli sentieri (i “sentieri neri” indicati sulle mappe IGN – Institut géographique national).

Una nota cicloturistica

La traversata cui assistiamo in “A passo d’uomo”, film di trekking si muove lungo una direttrice che è ortogonale a quella generalmente seguita dall’ormai consolidato evento di bikepacking French Divide, che però, partendo da Dunquerque, si sviluppa verso il Sud Est e i Pesi Baschi.

Qualche curiosità su “A passo d’uomo”, film di trekking

Il libro

“A passo d’uomo”, film di trekking è tratto dal libro autobiografico “Sentieri Neri” (il cui titolo originale è “Sur les Chemins noirs”) del francese Sylvain Tesson, lui stesso vittima di un incidente nel 2014, durante una serata in cui si era ubriacato. La trama si basa proprio sulla storia che Pierre, il protagonista, scrive su un taccuino durante il suo viaggio.
Il libro è diventato in Francia un fenomeno letterario, vendendo più di 230.000 copie prima della pubblicazione in brossura ed è stato tradotto in italiano dalla Sellerio.

Qualche riserva

Come spesso accade in questi casi e come ho potuto verificare guardando recentemente il film “Le otto montagne“, dopo aver letto il libro omonimo, qualche scostamento dalla trama originaria è inevitabile, anche perché la Settima Arte consente di ridurre i dialoghi in favore di ciò che lo spettatore può intuire o vedere direttamente, anche se non sempre è in grado di notare e apprezzare ciò che il regista vorrebbe trasmettere.

La fotografia

Il valore aggiunto del film, dunque, è dato dalla fotografia, la quale offre la possibilità di immergersi in un ambiente che non si avrebbe modo di vedere altrimenti. Gli ambienti naturali ripresi in questo lungometraggio conferiscono al film un aspetto da cartolina e i sentieri della Francia rurale conquistano lo spettatore, che vede dei panorami che – in molti casi – può considerare familiari come se fossero in Italia.

Le tecniche utilizzate

Una tecnica adoperata – molto efficace – è quella dei continui flashback, che creano contrapposizioni tra l’uomo che matura durante il cammino e quello dissoluto che l’ha messo in condizione di partire.
Lo stesso incidente viene scoperto poco alla volta, così come la vita del protagonista Pierre, finché non riusciamo ad avere un quadro generale di entrambi. 
Inoltre, viene spesso utilizzato il campo lungo, che consente all‘ambiente di dominare e circondare il personaggio, immerso nella natura.

Il successo

“A passo d’uomo”, film di trekking, distribuito in Italia a partire dal 19 ottobre 2023, ha riscosso un successo minore rispetto a quello avuto nelle sale francesi, incassando 141.000 Euro, nonostante abbia partecipato alla settantunesima edizione del Trento Film Festival, aprendo addirittura la manifestazione.

Le mie impressioni su “A passo d’uomo”, film di trekking

Il protagonista

Jean Dujardin interpreta sul grande schermo il protagonista del libro, mostrando ancora una volta le proprie capacità da premio Oscar. Non possiamo negare che molte spettatrici, oltre che dall’arte, si saranno fatte conquistare dal fascino d’Oltralpe del raffinato attore.
Il suo personaggio, inizialmente ritratto come un uomo un po’ spocchioso, viene trasformato dal dramma vissuto.

L’introspezione

Tutto il film si basa sul contrasto tra il prima e il dopo dell’incidente: si passa dalle feste e dalle camere d’albergo alla solitudine e ai bivacchi in montagna, dall’alcool alla completa astinenza da tali bevande.
Ciò che accompagna Pierre è una misteriosa busta, riposta in fondo allo zaino, insieme al taccuino su cui annota gli avvenimenti e i suoi pensieri. L’intero viaggio è, per lui, un’opportunità per approfondire il suo passato dissoluto e mettere in discussione il significato della vita.
Citando Napoleone, viene sottolineato come esistano due tipi di uomini: chi comanda e chi obbedisce. Sarà interessante per lo spettatore ritrovare questa constatazione durante la visione della pellicola.  

La condivisione del viaggio

Lungo i chilometri percorsi saranno descritti vari incontri: sconosciuti, parenti, amici, coi quali condividere alcuni giorni di cammino o comunque interagire in maniera più o meno superficiale.

Una volta lasciato l’asfalto con ciclisti e mezzi a motore, la prima interazione effettiva è quella con un’allevatrice che gli vende del formaggio, che liquida in modo fin troppo sbrigativo, nonostante la sua gentilezza.
Successivamente conosce il giovane Dylan, probabilmente di una famiglia disagiata, il quale ha recentemente perduto il padre per incidente stradale. Quest’ultimo è un elemento che li unisce e separa allo stesso tempo: Pierre si ritiene sfortunato per essere “invecchiato di 50 anni in otto metri” (l’altezza da cui è caduto), mentre è il padre di Dylan ad essere veramente sfortunato, non essendo più con loro. Inoltre, le loro strade si incrociano quando il protagonista scivola su un pendio ed il ragazzo lo soccorre, accompagnandolo poi per alcuni giorni.
Questo incontro porta Pierre a regalare a Dylan un libro di Thoreau, del quale cita una frase:

Se un uomo non marcia al passo dei suoi compagni, magari è perché ode un tamburo diverso; lasciatelo marciare al suono della musica che sente, non importa né quanto lontana essa sia, né quale ne sia la cadenza.

Henry David Thoreau

Si tratta di un passaggio significativo, perché il ragazzo, più giovane e in buona salute, ha un altro ritmo ma anche diversi travagli interiori e una solitudine palpabile.

L’ausilio ricevuto

Subentra qui un ulteriore piano, quello dell’ausilio durante il cammino. Il primo a raggiungere il protagonista è Arnaud, un amico avventuroso e premuroso, provvidenziale salvatore durante un attacco epilettico. La volontà del protagonista di proseguire, tuttavia, prevale.

La dimensione familiare

Lo stesso accade quando, salutato Arnaud, arriva la sorella, inesperta di trekking ma che sente la responsabilità di assisterlo, consapevole dei rischi per la sua salute. Anche questa sarà un’occasione per dipanare vecchie questioni rimaste sospese.
La traccia percorsa passa per casa della zia di Pierre, sorella della madre. Si assiste in questo caso a qualche riflessione di tipo familiare, a conflitti filiali e a riflessioni intime.

La dimensione spirituale

Non poteva mancare un accenno alla dimensione spirituale. Un frate, nel salutare Pierre dopo averlo ospitato nel suo convento, gli dice come abbia sentito dal primo momento del suo ingresso nell’edificio l’impulso a fermarsi lì. Inoltre, è interessante come le parole siano supportate dalla tangibile presenza della statua di un Santo, in pietra, quasi a simboleggiare la solidità delle scelte fatte e delle decisioni prese. Che per il personaggio interpretato da Dujardin consistono nell’arrivare in fondo al viaggio.

La dimensione sentimentale

Quella della dimensione sentimentale, forse è tra le meno approfondite. Un rapporto nato per caso con la lettrice Anna e proseguito nella passione, si scontra con il tragico incidente. Tuttavia, non si tratta della paura della ragazza di dover assistere un infermo, bensì di essere lasciata lei per il desiderio di libertà di Pierre.
Quest’ultimo, infatti, enuncia lapidario agli spettatori che l’unica fidanzata che non delude mai è la libertà. La quale, aggiungo io, comporta però delle rinunce che è difficile soppesare a priori.

"A passo d'uomo", film di trekking

La denuncia sociale

Qua e là, sono disseminati in “A passo d’uomo”, film di trekking aspetti di denuncia sociale. Lo spopolamento delle campagne e delle cittadine di provincia, la mancanza di medici, la distanza dei servizi sanitari. Inoltre, c’è una critica contro i “neorurali”, disposti a trasferirsi in campagna dalle città solo qualora ci sia copertura della rete 5G, benché tutti gli altri servizi siano assenti. Sembra di poter parlare negli stessi termini anche della provincia italiana!

Spunti realistici sul trekking

Nella trama, si inseriscono anche accenni ad elementi più propriamente escursionistici, che fanno sicuramente piacere a chi il trekking lo pratica effettivamente. Ad esempio, in uno dei falò notturni, il tarp di Pierre prende fuoco.
Ci sono aspetti come la libertà di lavarsi nei corsi d’acqua, di riempire le borracce da fonti disseminate sul territorio dopo aver sofferto la sete (forse per supponenza?).
Un altro aspetto è la logistica. Il protagonista si spedisce in un paese, che sapeva avrebbe attraversato, un pacco con cartine topografiche e qualche libro. Da lì, manderà a casa ciò che non gli serve più.
Devo dire che mi è anche piaciuto vedere sulle spalle del protagonista uno zaino Millet, forse perché anch’io sto utilizzando il modello Peuterey della casa francese.

Una storia classica

Non posso che dirmi soddisfatto di “A passo d’uomo”, film di trekking, nel suo complesso. Tuttavia, non si può sottacere che la storia sia classica e un po’ noiosa, nonostante il regista Denis Imbert sia riuscito a non descrivere unicamente le miserie dell’uomo che intraprende un cammino di “resurrezione” (o dovrei dire resilienza, che va tanto di moda?).
La voce fuori campo dell’alter ego di Sylvain Tesson è sommessa ma incisiva e testimonia quanto viene scritto nel taccuino di viaggio.

Un finale che resta in sospeso

Però… Resta in sospeso il finale. Mi è stato fatto notare che sembra quasi una chiusura frettolosa a una vicenda che si è dipanata lentamente – a passo d’uomo! – lungo centinaia di chilometri. Cosa farà Pierre? A cosa ha portato la sua maturazione? Probabilmente, la mia interpretazione è che dobbiamo decidere cosa faremo noi, senza farci influenzare dal personaggio di fantasia. Il quale, però, è anche autobiografico: e se Tesson non avesse voluto condividere con noi le sue conclusioni?

Il trailer di “A passo d’uomo”, film di trekking

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Pubblicato da Mauro

Ciclista amatoriale, marinaio da diporto, escursionista di media montagna

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