Ciaspolata sul Genzana da Rocca Pia, percorrendo in due giorni un anello che parte e torna al paese abruzzese nell’altipiano delle Cinque Miglia, visitando la Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio. Giornate serene e notte in rifugio, con la vista sul lago di Scanno.
Vi invito a leggere la serie di articoli che ho dedicato alle ciaspole, strumento che ritengo valido se utilizzato nelle circostanze più adatte.
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Prologo
Una settimana fa ero già stato dalle parti dell’Altopiano delle Cinque Miglia, abbastanza distante da Roma, ma che per le condizioni di innevamento e le basse difficoltà tecniche offriva buone possibilità di escursione.
Ciaspole e scialpinismo
L’idea iniziale era passare il sabato a Bosco Sant’Antonio, con Massimiliano e due coppie di suoi amici – noi sulle ciaspole, loro con sci da alpinismo – poi salutarli e andare a dormire allo stazzo Pelosello, salendo da Rocca Pia, sull’altro versante del monte Rotella.
I programmi, però, possono subire variazioni e, al termine della (breve) escursione giornaliera, durante la quale le nuvole erano rimaste sopra i 1.800 metri di quota, la fitta nebbia immerge la strada e tutto il terreno circostante Rocca Pia, dove ero giunto un’ora prima del tramonto.



Nebbia a Rocca Pia
Parcheggio la macchina in paese e parto in esplorazione: uscendo lungo la via Napoleonica, innevata e con tracce di motoslitta, la visibilità è completamente assente. Il buonsenso mi suggerisce di tornare a casa, benché ne sia contrariato.
I due escursionisti smarritisi qualche giorno dopo sul monte Gorzano, proprio a causa della visibilità assente, mi fanno pensare che non sarebbe stata una grande idea, restare in zona.
Per inciso, il fattore che più mi ha infastidito del ritorno a casa è stato fare 400 chilometri in giornata. Oltre al tempo sprecato, è antiecologico, benché tutti gli appassionati dell’outdoor inquinino anche di più, ecco anche perché preferisco le escursioni su più giorni.


Giorno 1 – Da Rocca Pia al Rifugio Monte Cona
Ora, però, torniamo a noi. Questo week-end, previsioni favorevoli alla mano, mi accordo con Mauro per una escursione di tre giorni, una ciaspolata sul Genzana da Rocca Pia, dormendo in rifugi. Sarà un’uscita esplorativa, non sappiamo lo stato degli stazzi (se aperti e in condizioni dignitose) né conosciamo i sentieri da seguire per arrivarci. Lo studio a tavolino non è mai risolutivo, soprattutto su terreno innevato!
Una volta a Rocca Pia, chiediamo conferma che si possa lasciare la macchina parcheggiata un paio di giorni e, sostanzialmente, riprendiamo da dove avevo interrotto, cioè dalla Chiesa di Santa Maria delle Grazie, risalente al XVI Secolo, che vicino ha il monumento a Costante Girardengo che il 2 giugno 1921, sulla salita di Rocca Pia, nella tappa del Giro d’Italia da Chieti a Napoli, decise di ritirarsi dalla gara dopo un infortunio. La cosa sorprendente, e che non sapevo, è che quella quinta tappa era lunga ben 264 chilometri (la seconda più corta, su dieci tappe tra i 242 e i 349 chilometri!!!), su strade che oggi non si percorrono nemmeno su trattori.
Proprio in quel luogo ero passato nel marzo 2023 per il Trail dei Parchi 2022 “Spring edition”, ma con una mountain bike full!!!
Al rifugio Pelosello
La neve è in buono stato e parzialmente battuta da motoslitte, ma servono da subito le ciaspole per attraversare parzialmente la valle Gentile in direzione ovile del Pelosello, a 5 chilometri e 450 metri D+ di distanza, valicando qualche albero caduto.
Il Pelosello non mi entusiasma, ha solo una stufa economica, nonostante l’abbondanza di legna in zona, ed è ovviamente pieno di neve sciolta, lasciata da chi vi accede per brevi pause.
L’edificio è in ottimo stato, poiché ricompreso in un progetto cofinanziato dall’Unione Europea di “recupero di strutture leggere e sistemazione dei sentieri”.


La salita, prima dolce nel bosco, diventa più ripida su neve portante all’approssimarsi della cresta che porta a Toppe Vurgo, dove non ci dirigiamo. È una classica scialpinistica ed escursionistica, potremmo farla al ritorno.
Programmi ambiziosi
Il nostro (come sempre) ambizioso programma per concludere la ciaspolata sul Genzana da Rocca Pia sarebbe valicare in giornata il monte Genzana e scendere nella valle di Pettorano sul Gizio, al rifugio La Fascia, dopo oltre 20 Km dalla partenza. Saremmo per gran parte del tempo nella Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio.



Il paesaggio è incantevole, rileviamo poche tracce umane, alcune vecchie. Verso le 13.10, circa tre ore dopo la partenza, in una valletta incrociamo tracce di orso. In un resoconto su Wikiloc di una ciaspolata in zona, si era parlato di orme di lupo e orso, ma non pensavo che di queste ultime ne avrei intercettate, a gennaio! Suscita una certa emozione, anche perché pensavo che il sonno letargico degli orsi fosse più profondo. O forse sarà uscito per il caldo?

Dopo massimo altri 20 minuti arriviamo al rifugio Genzana. Dalla finestra rotta è entrata tanta neve da accumularsi dietro la porta, impossibile da aprire. Non sarebbe stata una situazione allegra, in caso di necessità!
Sulle tracce dell’orso
Incrociamo di nuovo il percorso dell’orso, non molto tempo dopo, mentre facciamo una variante alla traccia scendendo per una valletta, diretti alla Fonte Frattura. A pensarci, è impressionante come gli animali selvatici sappiano sempre dove e come andare, e la loro agilità, nonostante la stazza.
Come digressione a tema, vi suggerisco di leggere questo articolo, che spero troverete interessante.
Variante per Frattura Vecchia
La nostra traccia originaria nella ciaspolata sul Genzana da Rocca Pia prevedeva il passaggio per un sentierino estivo che serpeggia sul costone della montagna, fattibile nella parte più bassa ma con neve in quella più a monte, anche se esposto a Sud. Meglio sfruttare il vantaggio della neve accumulata dal vento, che ha reso praticabile la valletta, a questo punto! D’altronde, con le ciaspole molti traversi anche non troppo ripidi potrebbero essere insidiosi, benché la neve sia abbastanza morbida da farci aderire, ma anche compatta da tenere bene.


Con l’abbassarsi della quota, comincia il metti e togli delle ciaspole. Per fortuna che le TSL Symbioz Hyperflex Elite hanno un sistema di sgancio e aggancio rapido che non fa mai prevalere la pigrizia, anche se tra un punto innevato e l’altro le portiamo a mano, stavolta davvero per la pigrizia di non riporle ogni volta sullo zaino.

Senza ciaspole fino al paese
In vista di Frattura c’è una mandria di cavali al pascolo, dei quali abbiamo trovato copiosi resti di sterco nei tratti precedenti.


Continuiamo a salire su terreno scoperto e passiamo di fianco al ripido versante Sud-Ovest del Genzana, che scarica sassi almeno un paio di volte. Impressionante! Solo in primavera, al disgelo, mi era capitato di assistere a scene simili. Frattura Vecchia, poco più in quota, è un paese abbandonato dopo il terremoto della Marsica, che ancora reca i segni dei danni subiti, anche se alcuni edifici sembrano oggi utilizzati, almeno sporadicamente. Nel 2015 vi è stato eretto un modesto monumento, comunque significativo.

Decisioni all’imbrunire
L’imbrunire ci fa ragionare sul da farsi. La salita su sentierino in costa è in condizioni estive, salvo qualche passaggio su neve comunque buona tenitrice. Escludiamo di svalicare il Genzana, resta da vedere se il rifugio sulla traccia, innominato su Basecamp, sia aperto. Sull’architrave è segnato come rifugio Rufigno, ma in realtà, dalla carta escursionistica della zona, scopriamo che si tratta del rifugio Monte Cona.
La vista sul lago di Scanno, sul paese omonimo e Villalago è splendida e dentro è messo bene.

C’è poca legna ma, come al solito, il troppo fumo ci induce ad abbandonare l’idea di usare il caminetto e ci limitiamo ad un aperitivo di salame, grissini e vodka, seguito dai soliti pasti disidratati. Per fortuna che Mauro aveva la bombola carica, visto che non mi ero premurato di verificare quanto gas residuo avessi.
Ci giochiamo a testa o croce il tavolaccio, e meglio per me aver vinto, perché non desisto dal portarmi dietro il materassino che perde (aria), dopo qualche ora dal gonfiaggio.


Vapour Barrier Liner Socks
Oggi, memore degli accorgimenti utilizzati nel Sarek, con ben altre temperature, ho tentato di usare due spesse buste di Aliexpress per la tecnica VBL (Vapour Barrier Liner). Una delle due si è abbassata facendomi inumidire il piede, ma l’altra ha funzionato abbastanza bene nel tenere caldo (anche se sudato) il piede e asciutta la pedula.
Sicuramente qualcuno storcerà la bocca, ma se è una tecnica ampiamente utilizzata in ambiente artico, non mi sento di criticarla più di tanto quando faccio escursioni, anche solo sulla neve nostrana.
Giorno 2 – Dal Rifugio Monte Cona a Rocca Pia
L’alba è suggestiva come al tramonto, con in più una bella Luna calante, che si intravede sul lago di Scanno.
Le vette nei dintorni superano tutte i 2.000 metri, ma non sono troppo difficili da raggiungere, grazie anche ai versanti a Sud abbastanza puliti. Svettano, comunque, su delle aguzze dorsali che sono separate da profonde vallette e ciò complica la percorrenza.


Anche oggi, la facilità di indossare e togliere le ciaspole ci agevola la vita per raggiungere il monte Rognone prima e il Genzana, poi. In mezzo, il fatiscente Rifugio Forca Ristoppa e la decisione di non scendere a vedere una serie di altri ricoveri posti in direzione di Introdacqua, tenuto conto del dislivello che avremmo dovuto salire per tornare verso Rocca Pia e dell’incertezza sulla praticabilità dei sentieri innevati.

Vento forte sul monte Rognone
In cima al monte Rognone abbiamo vento che raggiunge i 12 metri al secondo. Calerà durante la giornata, portando però da Sud Ovest un fronte nuvoloso che, l’indomani, complicherà la vita a molti escursionisti. Per fortuna, non ci saranno sui social messaggi di soccorso ma solo indicazioni di pezzi di equipaggiamento portati via dal vento.
Noi salviamo tutto quello che trasportiamo e sporchiamo anche i ramponi, benché, col senno di poi, non ce ne fosse particolarmente bisogno, per arrivare su una larga e quasi scoperta cresta fino al Genzana e a cima Serra Leardi (2.083 metri s.l.m.), per poi scendere nel bosco che costeggia la valle Cardosa. Percorrerla in salita sarebbe stato molto arduo, per gli accumuli di neve ventata e tra i rami caduti, ma in discesa e con le ampie ciaspole, arriviamo abbastanza rapidamente al rifugio La Fascia.



Il Rifugio La Fascia
Il rifugio è accogliente, con un portico, panche e tavoli e all’interno dei letti a castello. C’è addirittura acqua corrente, proveniente dalla vicina omonima fonte La Fascia (se il rubinetto funziona!), perciò ci stupiamo che non ci siano recenti tracce di visitatori.
Nel tardo pomeriggio, in un lungo traverso sotto la cresta che il giorno precedente ci aveva portato allo Stazzo Genzana, ci confermiamo nell’idea che con la neve tutti gli escursionisti si recano sempre negli stessi posti per una questione di sicurezza.
Quella che era cominciata come un’ampia carrareccia, infatti, diventa un traverso che, in altre circostanze, ci avrebbe probabilmente indotto a tornare sui nostri passi, per non correre rischi. Eppure, un ciaspolatore che conosce l’area, nello scendere dalla cresta fa un taglio su ripido costone, probabilmente fino a tornare al Pelosello attraverso il sottostante bosco.

Si torna all’ovile Pelosello
Una volta giunti anche noi all’ovile Pelosello, sulla via del ritorno della ciaspolata sul Genzana da Rocca Pia, constatiamo quanto fosse stato usato in giornata il rifugio. Dopo aver fatto un veloce snack col salame avanzato da ieri e controllato la negativa evoluzione del meteo (previsti vento forte e nuvole per l’indomani), decidiamo di coprire in meno di due ore gli ultimi 5 chilometri fino alla macchina e di rientrare a Roma prima del previsto. Le tre sole macchine incontrate al casello di Roma Est, ci avrebbero dato ragione sulla “partenza intelligente”, di sabato sera!

Per la Valle Gentile
Dopo il tramonto, la neve nella valle Gentile, almeno nella seconda parte più in bassa quota, che avevamo già percorso all’andata, è ormai dura, ghiacciata. Fortunatamente è anche ben battuta e abbastanza spianata, tanto da essere agevolmente percorribile con le ingombranti ciaspole.
Ricordo una neve dalla consistenza simile a Passo Godi, nel giro degli stazzi, quando alla sera non riuscivo ad avanzare agevolmente con gli sci, tanto era ghiacciata e scabrosa per le impronte lasciate il giorno.


Temperature e umidità rilevate


La graziosa Rocca Pia
Qualche parola su Rocca Pia, affollata al sabato sera da chi è stato o andrà sulle pista da sci di Roccaraso e Ovindoli, ma con l’unico ristorante che vediamo, vuoto.

I ruderi della rocca normanna che sovrasta l’abitato (e che, stroicamente, ha dato l’appellativo di “Rocca” al centro abitato) spiccano più di notte che di giorno, sin da lontano, grazie all’opportuna illuminazione.

La via o strada Napoleonica, oggi soppiantata in parte dalla SS17 coi suoi viadotti, ma così denominata da chi ne completò il tracciato, vale a dire Gioacchino Murat, cognato di Napoleone Bonaparte e sovrano di Napoli dal 1808, finché non trovò la morte a Pizzo Calabro nel 1815. Tuttavia, il tracciato era già in uso alcuni secoli prima di Cristo e sicuramente era tratturo per la transumanza, quando l’area era ricca di allevamenti.

Una lapide, infine, ricorda l’ospitalità offerta ai cittadini di Lettopalena a seguito dello sfollamento del febbraio 1944, in piena Seconda guerra mondiale, durante il quale – i due paesi distano circa 30 chilometri – alcuni civili perirono nel tragitto.

Qualche riflessione
Vedendo le decine di pullman che hanno portato migliaia di presenze a Roccaraso, grazie alla promozione di queste gite giornaliere su Tik Tok, mi viene da condividere qualche riflessione.
In particolare, mi torna alla memoria uno scambio di pensieri con Andrea di https://www.ergaspa.net/ in cui si diceva che i nostri blog, o comunque i resoconti di giri ed escursioni, in fin dei conti sono un modo per gratificare il nostro ego.
In questi giorni, uno storico accompagnatore del CAI ha scritto una sintetica ma significativa frase: “la neve è come il miele, attira dove c’è”. E attira folle di persone!!!
Il nostro impatto
Sicuramente, dato lo scarso seguito che abbiamo, qualunque nostra esperienza non può avere un impatto significativo sul comportamento altrui, inducendolo o scoraggiandolo a fare qualcosa. Eppure, leggendo alcuni post che si schierano a favore del lasciare alla natura almeno il buio e la notte, un esame di coscienza devo farlo anch’io, che spesso giro dopo il tramonto.
Mi trincero dietro il fatto che il mio impatto è minimo, eppure sotto certi aspetti non posso sentirmi del tutto estraneo alla folla che si riversa in montagna nei week end, anche se vi appartengo in modo quanto meno marginale.
La presenza del lupo
Ho recentemente visto una interessante puntata di Wild Italy, intitolata: Ritorno al passato, relativa soprattutto al ritorno del lupo in aree da tempo abbandonate, ma non solo. Tra l’altro, il conduttore Francesco Petretti menziona una vicenda di ritorno di lupi in Veneto, che ho sentito per la prima volta nel podcast Nelle tracce del Lupo – 4. Slavc va in Lessinia, che vi suggerisco di ascoltare.
Questo documentario l’ho trovato particolarmente attinente alla mia escursione perché, oltre alle orme individuate nella neve, nel tragitto di ritorno a Roma sulla SS17, sul lato della strada pochi chilometri fuori Rocca Pia ho visto una carcassa di animale che sembrava proprio un lupo. Non ho potuto fotografarla e, la settimana successiva, era stata rimossa, probabilmente dall’istituto zooprofilattico, per accertamenti.
Nulla di più facile che il lupo, vistosi intrappolato in un tratto in cui la strada è difficilmente superabile poiché a monte c’è un muraglione, sia rimasto impietrito dalla paura e, abbagliato e spaventato, sia stato investito da qualche automobilista recatosi in Abruzzo per diletto. Ecco, anche questo è l’impatto che abbiamo noi esseri umani sulla fauna selvatica.
Il vidoeracconto di Mauro
Mauro, come di consueto, ha realizzato un videoracconto della nostra ciaspolata sul Genzana da Rocca Pia, che vi invito a guardare.
Reminder
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